giovedì 10 marzo 2011

Oltre l'opinabile - Parte prima.

Il reverendo Edwin Abbott Abbott visse nella Londra vittoriana per quasi un secolo e la demolì in meno di 100 pagine, partorendo il suo piccolo pamphlet politico-paideutico che va sotto il nome di Flatlandia: racconto a più dimensioni. L'Abbott era studioso di filologia classica, teologia e matematica: era insomma uno di quegli illustri personaggi chiamati semplicemente pensatori o filosofi, al tempo, e che noi oggi definiremmo tuttologi. Con il progresso la moderna scienza si è sempre più settorializzata ed ormai ci sono anche gli esperti di psicologia animale. Niente contro gli animali, figurarsi! E' che la radio mi fa compagnia mentre scrivo queste prime righe del mio blog e in un programma radiofonico ha appena preso la parola uno di questi sedicenti dottori. Io mi chiedo se poi infondo ci sia bisogno di uno psicologo per capire che un cane bastonato non ha bisogno altro che di affetto per ritrovare fiducia nell'uomo. Stimabile che qualcuno si occupi di analizzare la psiche dei cani, non è questo che critico: mi chiedo solo se non sia sufficiente chiamarsi veterinario o psicologo. Oggi ci piace riempirci la bocca di titoli e qualifiche più lunghe da leggere che da spiegare, perdendo tempo più per la forma anzichè per il contenuto. Il signor Abbott faceva l'esatto contrario, era uno di quelli che avevano studiato di tutto e di tutto si occupava nella maniera più efficace possibile. La sua Flatlandia è un mondo piatto e per piatto intendo il suo significato geometrico. Niente profondità, un solo piano, infiniti punti e linee. E piatta era la società vittoriana secondo lui, chiusa in sè stessa e incapace di evolversi socialmente.

Copertina dell'edizione originale dell'opera,
l'immagine in alto riassume i mondi analizzati dal
quadrato autore fittizio del trattato: flatlandia,
linealandia, pointlandia e spacelandia. In basso,
la mappa di una casa tipo in flatlandia.
Il corpo dei flatlandesi per intendersi ha un lato lungo meno di una trentina di centimetri. E la suddivisione in caste è del tutto somacratica (mi si passi il neologismo), vale a dire chi ha più lati, e sono in pochi, è più intelligente e quindi comanda, mentre i poveri e numerosi inetti triangolini sono borghesotti o soldati da macello. Inutile dire che al vertice della gerarchia stanno i cerchi: i sacerdoti di flatlandia, simbolo di ordine, sacralità, perfezione e grandezza; mentre alla base della piramide giacciono sotto il gioco del sessismo le donne: squallide linee, dominate solo dall'istinto animale. L'Abbott si sbizzarrisce poi nel descrivere usi e costumi della società flatlandese, il clima, le abitazioni, i modi per salutarsi e riconoscersi vicendevolmente. Parla delle figure irregolari, giustiziate alla nascita o comunque discriminate, parla della pericolosità di far arrabbiare le donne: in un raptus d'ira una di loro potrebbe facilmente trafiggerti come un budino. Viene infine anche trattato il rapporto con i colori, che sono stati definitivamente repressi in seguito alla Rivoluzione Cromatica. Nelle pagine in cui si descrive questo bizzarro mondo sono frequenti i momenti in cui ci si trova ad abbozzare un sorriso.

La bottiglia di Klein, come il Nastro
di Mobius (il simbolo internazionale
del riciclaggio o quello della pura
lana vergine) sono esempi di come
l'uomo ha ipotizzato l'esistenza di
oggetti in un tetraspazio. La bottiglia
di Klein non ha distinzione tra
superficie esterna ed interna.
Il parallelo con la società vittoriana è lampante. Le donne sono semplici linee, quasi che quegli assurdi corpetti che sono costretti a portare per moda, le avessero ormai del tutto storpiate, tagliandogli respiro, libertà e diritti. Sono semplici linee, vale a dire poco più di un punto, poco più che invisibili. E pericolose nei loro raptus animaleschi e istintivi. I sacerdoti invece sono panzuti e satolli cerchi, che vivono nella lussuria ma predicano la virtù del duro lavoro e del sacrificio; tutto esattamente come nell'età vittoriana: pulita fuori, sporca dentro; onesta all'apparenza, corrotta fino al midollo. Il popolo è affogato nell'alcol e sommerso nel lavoro quasi schiavista.
In Déjà-vu, corsa contro il tempo
il protagonista, Denzel Washington,
agente dell'ATF deve interferire con la
quartadimensione e viaggiare nel tempo
per risolvere un caso. 
A portare la luce al quadrato, che con un artificio letterario Abbott utilizza come suo narratore, è una sfera proveniente dalla terza dimensione. La sfera svelerà al quadrato l'esistenza di un altro mondo, la possibilità di andare oltre, di cambiare e di liberarsi dalle limitazioni imposte dal vivere in due sole dimensioni. La sfera porta il quadrato a visitare il mondo a una dimensione e gli mostra anche il mondo senza alcuna dimensione, il mondo puntiforme. Il quadrato capisce che ogni mondo è convinto di essere quello giusto, l'unico esistente, ottuso e incapace di evolversi così come il proprio. Solo dopo varie discussioni e peripezie il quadrato accetterà l'esistenza di un mondo a tre dimensioni. Ma cosa significa ciò? Cosa significa accettare un'altra dimensione? Quante altre dimensioni che noi non riusciamo a percepire esistono? L'insegnamento apprezzato dal quadrato vale dunque anche per noi? Esiste una quarta dimensione? E' il tempo o un ulteriore spazio?

1 commento:

  1. Lapis..mi hai fatto proprio venire voglia di leggerlo questo libro!!

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